La chiave dell’ascensore
di Agota Kristof
traduzione di Elisabetta Rasy
con Anna Paola Vellaccio
allestimento e regia di Fabrizio Arcuri
assistente alla regia Francesca Zerilli
tecnico luci e suono Andrea Micaroni
cura Giulia Basel
foto di scena Roberta Verzella Tiziano Ionta
grafica Clarice Antonio Stella
una produzione
Florian Metateatro- Centro di Produzione Teatrale
in collaborazione con Accademia degli Artefatti
si ringrazia il Teatro di Roma
Una stanza che gli spettatori sbirciano da una finestra. Avvolta dalle volute della
nebbia e dal vento che le muove i capelli, una donna racconta a se stessa una storia, la
racconta per l’ennesima volta. Tutto è reale e simbolico allo stesso tempo: le luci, i rumori, la voce che le fa eco che le rimbomba nella testa, mentre accetta ogni privazione, accetta di non muoversi più, di non sentire più, di non vedere più, fino a che non arriva l’ultima minaccia. Ma questa volta qualcosa cambia: piuttosto la vita ma non la voce. Perdere la voce significa perdere la possibilità di esprimersi più di qualunque altro senso. Allo spettatore non resta che cadere lentamente dentro le maglie di questa tragedia che da favola pian piano svela il suo risvolto più cupo, fino ad arrivare a essere baratro, nera testimonianza di tanti soprusi di cui le nostre cronache sono piene.